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Il profugo

Altro stupendo patichè di Andrea Sartori con Don Camillo e Peppone come protagonisti moderni…

Il profugo

Il primo consiglio comunale della nuova amministrazione guidata da Peppone fu infuocato. La prefettura, dicevano i giornali locali, volevano mandare alcuni profughi al paese.

Peppone voleva vederci chiaro, mentre l’opposizione, guidata da Mariolino della Bruciata, aveva presentato un ordine del giorno per l’accoglienza dei profughi. Peppone fece bocciare l’ordine del giorno. La cosa suscitò scalpore in paese tanto che la domenica stessa, dal pulpito, don Chichì si lanciò in un’omelia infuocata contro Peppone, reo di “razzismo”. La popolazione, però, stava col suo sindaco: anche perché non molto tempo prima in paese un ptofugo si era macchiato di furto.

Monsignor Camillo Tarocci si era tenuto in disparte in tutta quella disputa. Peppone gli aveva chiesto aiuto. Ma don Camillo si era trovato a dover scuotere la testa.

“Ho già avuto troppi richiami da Sua Santità – spiegava a Peppone che era andato a trovarlo – non vorrei essere spedito nella diocesi di Sant’Elena. Le mie perplessità sul dialogo coi musulmani non sono ben viste”.

“Il Vaticano non si smentisce mai – tuonò Peppone – io devo gestire un paese in piena crisi. I giovani del mio paese non trovano lavoro. Io sono il sindaco, e devo pensare prima a loro. Non posso pensare di aggiungere disagio a disagio”.

“Peppone, lo sai che siamo d’accordo, ma non si può dire nulla” disse pacatamente don Camillo.

“Il Vaticano è sempre lo stesso. Eh già, tanto voi ci fate affari. Le Caritas ci fanno affari. Ma il paese langue”.

Don Camillo promise chr avrebbe fatto qualcosa. Peppone si scusò prr l’intemperanza e ringraziò don Camillo.

Non appena il sindaco lasciò la casa, don Camillo si sedette per rilassarsi. Prese il breviario, ma non appena accennò a recitare qualche preghiera (rigorosamente in latino) ecco che sentì suonare alla porta.

Aprì. Si trovò davanti un uomo sui venticinque anni, di carnagione olivastra. Era Mohamed, il profugo.

“Cosa vuoi dall’infedele?” chiese don Camillo.

“Don Camillo, aiutatemi. I carabinieri mi cercano” disse l’uomo, in un italiano stentato.

“E io dovrei aiutare un ladro, per di più che mi vorrebbe sgozzare? Stiamo freschi. Va bene porgere l’altra guancia, ma non esageriamo”

“Don Camillo non capite. Mi espelleranno, mi rimanderanno al mio Paese”

“Si sta bene in Italia, eh?”

Mohamed si sedette. “Don Camillo, no. Non si sta bene in Italia. Ho venduto tutto quello che avevo per venire. Mi avevano promesso il paradiso. E invecr ecco, ho dormito nelle stazioni, per terra. Non ho mai avuto un lavoro. Questi presunti benefattori mi hanno abbandonato, hanno fatto soldi sulla mia pelle. Sono stato costretto a rubare per fame. Però no, non voglio tornare al mio Paese. Da quando gli americani l’hanno destabilizzato per portare la democrazia, come dicono loro, l’Isis ha in mano tutto. Non voglio finire decapitato perché quella è la fine che mi aspetta. Credo in Allah, ma non sono praticante. Don Chichì mi ha cacciato e anche Mariolino della Bruciata non vuole aiutarmi”.

Don Camillo si mise una mano sul cuore. “Va bene, per stanotte puoi restare. Vedremo cosa si può fare”.

Don Camillo poi guardò il piccolo crocifisso vicino alla foto di Benedetto XVI che aveva in sala.

“Gesù, ho fatto bene?”

“Certo, don Camillo. Purtroppo c’è tanta falsa carità e finta misericordia in giro. Questa povera gente è solo usata per scopi di lucro e molti, purtroppo, credono che sia vera carità”

“Ma perché anche la Chiesa fa così? Non è più la vostra Chiesa, Signore? ”

“Don Camillo, ricorda che tra i miei apostoli c’era anche Giuda. Ed era il tesoriere. Il denaro è una brutta bestia, sono bastati trenta denari per venderMi”

Don Camillo ebbe un sospetto “Gesù, e se quello ora, in camera, mi frega qualcosa”.

“Se qualcuno ti chiede la veste dagli anche il mantello. Avrai la tua ricompensa in cielo”

Mai una volta che abbia una ricompensa in terra, pensò don Camillo.

Autore:

La Dea Tutte mi ha inviato a combattere il demone dell'evanescenza, fin dalla pianura che non deve essere nominata

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