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Il termostato economico

2 h  · Il termostato economico: Se siete diversamente giovani come me, vi ricorderete ill termostato a lamina bimetallica per regolare la temperatura dell’appartamento. Al posto del delirante termostato elettronico di oggi, c’era una semplice rotellina, graduata in gradi centigradi, che allontanava o avvicinava un interruttore interno, a una lamina composta da due sostanze con coefficiente di dilatazione diverso. a seconda della temperatura, la lamina si piegava più o meno verso l’interruttore determinando lo spegnimento (o l’accensione) a una temperatura determinata. La temperatura nella stanza non era mai perfettamente precisa perché il termostato impiegava un certo lasso di tempo ad adeguarsi alla temperatura ambientale. Capitava così che fissando la temperatura per esempio a 20 gradi, il bruciatore si spegnesse a 20,5 gradi e si accendesse a 19,5 gradi e mezzo. ( questo fenomeno chiamato isteresi, è in parte voluto soprattutto nei termostati elettronici che hanno pochissima inerzia termica per evitare che il bruciatore si accenda e si spenga in continuazione). Se per esperimento uno avesse immerso il termostato in un bicchiere d’acqua che ha una grande inerzia termica, l’appartamento sarebbe stato, per dire, 6 ore al gelo e 6 ore con un caldo torrido. Un fenomeno analogo all’isteresi del termostato, avviene nell’economia capitalistica (ma non nelle economie precedenti) e viene indicato col nome di “ciclo economico”. Si passa da momenti di espansione della ricchezza complessiva dei cittadini a momenti di contrazione di tale ricchezza. Non è dato sapere in una economia capitalistica naturale (ovvero priva d’interventi statali e/o dell’oligarchia bancaria) quale sarebbe la forbice tra le espansioni economiche e le recessioni che si susseguono ciclicamente. Così come non è dato sapere la durata del ciclo naturale e i fattori che la influenzano. La ragione di questa incertezza è determinata, sin dagli albori del capitalismo, dalla perversione umana di voler correggere qualcosa di sgradevole prima ancora di capire se i mezzi correttivi siano adeguati e non siano peggiori del male che vorrebbero contrastare. Alla propensione umana a voler a tutti i costi curare malattie che guariscono da sole, le oligarchie dominanti hanno aggiunto la farisaica capacità di ergersi a “salvatori della patria” laddove la vera intenzione è sempre stata quella di salvare solo i propri pasticci finanziari. E così, a partire dalle prime recessioni economiche del capitalismo, gente col panciotto e la tuba in testa ha cominciato a strillare che l’economia va guidata e bisogna intervenire per correggere la crisi. Oggi son scomparsi panciotti e tube, ma la musica è sempre quella: “ ci vuole una legge, lo Stato sostenga i consumi, le banche abbassino gli interessi, si ridistribuisca, si colpiscano i ricchi…” e così avanti da una sciocchezza dirigista all’altra. Il sistema capitalistico “naturale” è (rectius: sarebbe) come un termostato: si autoregola, ma è purtroppo dotato di una certa isteresi (la cui entità, ripeto, non è dato sapere). Ciò dipende dalla “inerzia” del sistema produttivo che prima produce troppo poco e poi produce troppo e male (male = beni che non incontrano il favore del pubblico). Tra i due estremi c’è il massimo benessere economico e sociale per i cittadini. Perché l’eccesso di produzione se prolungato e ampliato artificialmente (e cioè per intervento statale) è un male? Per due categorie di motivi: una sociale e l’altra strettamente economica. Un eccesso prolungato e artificiale di produzione porta al disastro ambientale e alla sovrappopolazione dei paesi del terzo mondo e cioè a quello che probabilmente porterà la fine della civiltà umana (speriamo in tempi lunghi). L’altro male, strettamente economico (anche se il primo si riverbera pesantemente sul secondo) è che per far assorbire un eccesso di produzione occorre abbassare i prezzi in modo eccessivo e in questo modo: 1) si mettono fuori mercato tutti i beni/servizi “di nicchia” e di qualità che non possono giovarsi dei grandi numeri e delle produzioni ad alta intensità di capitale 2) si abbassa il numero degli occupati e il livello retributivo. A causa dei punti uno e due, si abbassa la domanda e si entra in un circolo vizioso nel quale interviene lo Stato esattamente come farebbe lo spacciatore per lenire la crisi di astinenza del suo cliente. Purtroppo il punto in cui ci troviamo oggi è che lo Stato non è più in grado di sostenere l’economia perché la posologia delle sue medicine non può più essere aumentata. Non si può più aumentare il debito pubblico perché è esorbitante, non si possono più aumentare le tasse perché sono già da rapina, non si può più aumentare la spesa pubblica perché non si può più recuperarla con le tasse e non si può più fare altro debito. Insomma un medico con la farmacia chiusa. Se la civiltà occidentale avesse compreso il problema parecchi decenni fa invece che seguire fattucchieri macroeconomici, si sarebbe rassegnata a sopportare momenti recessivi e in deflazione , ma di modesta entità e durata, alternati a momenti di espansione economica moderata ma sicura e senza gravi effetti per l’ambiente. Le elites politiche invece molto propense a cavalcare il momento positivo del ciclo iniettando liquidità per ragioni clientelari, non hanno poi le risorse finanziarie quando il ciclo giunge a una fase recessiva. In pratica la storia della cicala e della formica in salsa statalista.

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La Dea Tutte mi ha inviato a combattere il demone dell'evanescenza, fin dalla pianura che non deve essere nominata

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