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Quando l’antirazzista non sa d’essere razzista

A caccia di guai

Una poesia che lessi molti anni fa parlava dell’infanzia come dell’epoca in cui eravamo circondati da giganti e “conoscevamo il soffitto dei tavoli” (purtroppo lo ricordo a memoria, non so più di chi fosse). Mi c’è voluta una poetessa per farmi scoprire una cosa che non sapevo di sapere, scoprendo che anche io ho il preciso ricordo del “soffitto” del tavolo di cucina di mia madre (nelle cui scanalature collezionavo i tappi di stagnola delle bottiglie del latte), e di quello del salotto di mia nonna (sulle cui decorazioni Art Déco giocavo all’astronave)…
A volte occorre una poetessa per farti notare che ogni cosa che sappiamo la sappiamo secondo una prospettiva, e che col passare del tempo le nostre prospettive variano di continuo, senza accorgersene, per cui se mi chiedete oggi di visualizzare i tavoli della mia infanzia, li penso tutti visti dall’alto.

Questa notazione m’è venuta…

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La Dea Tutte mi ha inviato a combattere il demone dell'evanescenza, fin dalla pianura che non deve essere nominata

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