Pubblicato in: Italiano, La rete evanescente

Non solo isolamento ed infissi

Mi piace ascoltare varie campane per formarmi un’opinione e per questo accanto al blog di gente come Bagnai leggo anche qualche sito turbo liberista come il blog dell’istituto Leoni. Giusto per non avere le fette di salame sugli occhi.

Mi son così imbattuto nel pezzo di Paolo Violi “Risparmio energetico degli edifici: un obbligo giusto?” che tratta di risparmio energetico negli edifici. A mio parere viene trascurato un aspetto fondamentale che falsa tutto il ragionamento: la classe energetica NON è determinata solo dal grado di isolamento dell’involucro, bensì contano molto anche gli impianti. Questo inesattezza di fondo svia il ragionamento di chi non è addentro all’argomento e purtroppo non posso scusarla dicendo che sia solo figlia dell’ignoranza perchè mi sembra di capire che l’autore dell’articolo dovrebbe essere un teNNico competente benchè levantino.

Paolo Violi, chi sarà mai costui? Su LinkedIn ce ne sono tre, un ingegnere meccanico che dirige una casa da gioco ad Innsbruck, un architetto di romana formazione, ed uno impiegato in una fantomatica Amalfi s.r.l. di cui non dà riferimenti, così che potrebbe essere una pizzeria, una camiceria o un’impresa di costruzioni. O magari fornitori del New World Order, dei rettiliani e via dicendo.

E’ verissimo che nelle zone mediterranee e più calde l’aspetto di isolamento termico è meno rilevante e conta molto la massa delle pareti per dare inerzia termica. Dimentichiamo però che qua si parla sia di comfort degli abitanti e di risparmio energetico.

E nelle zone calde il maggior consumo di energia è dovuto dalla produzione di acqua calda per lavarsi, di corrente elettrica e della eventuale necessità di climatizzare gli ambienti.

Per l’acqua calda, quella per lavarsi, lavare i piatti eccetera le regioni del regno delle due sicilie sono maledettamente avvantaggiate: un pannellino e via. Ma soprattutto con i pannelli adatti, quelli che vengono usati anche nelle baite d’alta montagna si può preriscaldare l’acqua dell’impianto di riscaldamento riducendo i consumi di gas.

La corrente elettrica poi: per quale arcano motivo non si piazzano tutti una valanga di pannelli sui tetti che si ripagano da soli in meno di 10 anni? E non mi venite a dire che durano poco o nulla perché ci sono pannelli di 20-30 anni che funzionano ancora egregiamente.

Ma mi direte voi piangini levantini, minGhia devo Glimatizzare la Gasa. Ma che arazzo vai dicendo che i tuoi antenati sapevano benissimo che schermando il sole con tende, tendaggi e verde attorno all’edificio si possono praticamente annullare le necessità di climatizzazione.

Questo scrive come se i ci fossero vantaggi fiscali solo acquistando lana di roccia o pannelli di polistirene.

Ma di cosa stiamo parlano?

Vi bullate di avere i magnifici lasciti della cultura araba. Ma la cultura araba raffrescava l’aria con le fontane. La tecnica è valida anche oggi, sapete? E quella roba là – scambiatori di calore, raffrescamento evaporativo e via dicendo – sono incentivati anque quelli.

Questi incentivi possono poi essere un incentivo all’abusivismo solo e soltanto se la pubblica amministrazione funziona male o peggio. Solo in regioni levantine uno può pensare cose del genere.

Disincentivare l’uso di abitazioni ad alto consumo energetico è anche, in modo indiretto un provvedimento per garantire la sicurezza della popolazione.

Già se lo stato tassasse pesantemente le case energivore farebbe un favore ai sudditi del regno delle due sicilie. Andatevi a leggere il mio precedente “Trasformare l’IMU in anti-recessiva“:  una casa energeticamente efficiente è una casa nuova o ben ristrutturata, ovvero una casa che deve essere antisismica, mentre una casa energivora è praticamente sempre una casa che appena arriva uno sputino di sisma crolla in testa a chi ci vive dentro. Eh, ma forse il territorio del regno delle due sicilie non è un pochino sismico? Ah già ma secondo voi tassare le case sulla base della loro classe energetica – piuttosto che un incentivo a un ambiente più pulito, sarebbe una tassa sulla povertà! Ma per piacere!

Non aumentare le tasse sulle case energivore e ridurle su quelle efficienti e nuove significa indurre i cittadini “poveri” ad acquistare delle bare di mattoni anzichè andare a vivere in affitto in case nuove.


Risparmio energetico degli edifici: un obbligo giusto? — di Paolo Violi

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Paolo Violi.

La casa è un bene a cui noi italiani siamo molto legati, è un fatto culturale che affonda le radici nella nostra storia. Se la sua tassazione è un tema sensibile, perché investe questo bene in maniera diretta, i regolamenti tecnici che la riguardano tendono invece a proliferare in un cono d’ombra dell’informazione, principalmente per la difficoltà di discuterne le possibili ricadute sui nostri risparmi e sulla nostra vita. Voglio qui brevemente discutere di un caso che ritengo esemplare: il risparmio energetico degli edifici.

È un tema che viene visto con benevolenza, poiché promette di ridurre i consumi e le bollette, di contribuire a un ambiente più pulito, e di sostenere un’industria edile in grave difficoltà. In anni di crisi economica e di paure per il futuro, compresa quella per il nostro pianeta, l’argomento fa presa. Forte di quest’animo generale, l’Unione Europea sta rendendo obbligatorio il risparmio energetico nell’edilizia: ma siamo sicuri che sia giusto?

Per rispondere a questa domanda bisogna prima chiarire che cosa sia, in termini concreti, il risparmio energetico. Con ragionevole sintesi, si può dire che consiste nel sostituire i vecchi impianti con nuove tecnologie più efficienti e ristrutturare l’involucro esterno (muri, finestre, tetti) per ridurre le dispersioni termiche.

Vediamo meglio quest’ultimo punto, cioè quali caratteristiche deve avere l’involucro edilizio. Le leggi europee considerano come riferimento muri e finestre detti “a bassa trasmittanza”, la cui composizione di materiali leggeri, a minima densità di massa, gli permette di trattenere il calore molto a lungo: sono un requisito fondamentale per ottenere la famosa “classe energetica A”. In apparenza sembra trattarsi di un dettaglio tecnico da specialisti, ma poiché c’è una forte pressione sui cittadini affinché impieghino i loro risparmi per adeguarsi a questo standard, è lecito almeno chiedersi se sia così utile, e quanto costa.

Sull’utilità bisogna fare una precisazione rilevante: il sistema rende soprattutto in inverno, con convenienza tanto maggiore quanto più bassa è la temperatura. Nei mesi caldi, invece, cambia il rapporto tra involucro e condizioni climatiche, e muri e finestre dovrebbero avere caratteristiche diverse. Senza scomodare la fisica tecnica, basta pensare alla fattura delle case nella storia millenaria delle costruzioni: materiali leggeri come il legno nei climi freddi, mura massive di pietrame nel Mediterraneo.

Sul costo di queste tecnologie arrivano le note dolenti. Entrare nel club della “classe energetica A” vuol dire fare un investimento che, per un appartamento, viaggia sulle decine di migliaia di euro: ad esempio, per un infisso ad alte prestazioni in pvc (plastica) servono intorno ai 200 €/mq, se poi vogliamo un materiale diverso (alluminio, legno), allora dobbiamo prepararci a spendere anche 500 €/mq.

Non a caso lo Stato prevede incentivi generosi: il 66% dell’investimento, fino a un tetto massimo variabile ma comunque sostanzioso. Serve a invogliare tutti coloro che sono perplessi, e che giustamente si chiedono se sia così conveniente. Ma gli incentivi non sono gratis, provengono dalle tasse: in ogni caso, si chiede ai cittadini italiani di finanziare una grande (o almeno così si spera) riconversione edilizia, i cui esiti sono tutt’altro che certi. Chi poi acquista una nuova costruzione deve pagare un surplus di tecnologia che, se abita alle latitudini mediterranee, non gli serve, o almeno non nella misura prevista dalle norme.

Voglio concludere con una considerazione più generale. Questa pressione regolatoria è cresciuta con grande rapidità, e se anche si dovesse arrestare, sono già state approvate disposizioni più severe che entreranno in vigore nei prossimi anni. In tempi di crisi economica, molto sentita nell’industria edile, queste norme non solo rischiano di fallire il tentativo di rilanciare il settore, ma potrebbero penalizzarlo ulteriormente.

Infatti il livello di benessere economico necessario per possedere una casa, per abitazione o per vacanza, viene costantemente innalzato, tendenza che peraltro contribuisce a sospingere parte della popolazione verso l’abusivismo. Effetto collaterale e pericoloso di queste norme, volte a migliorare la qualità costruttiva ope legis, è di creare artificialmente delle discriminazioni per censo: bisognerebbe tenerlo presente se, come qualche esperto auspica, volessimo tassare le case sulla base della loro classe energetica – piuttosto che un incentivo a un ambiente più pulito, sarebbe una tassa sulla povertà.

Autore:

La Dea Tutte mi ha inviato a combattere il demone dell'evanescenza, fin dalla pianura che non deve essere nominata

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